lunedì 28 settembre 2015

IDENTITA' ....A PROPOSITO DI LEGA PRO...

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La retrocessione d'ufficio per l'indagine "I treni del gol" mi ha dato una conferma. Il presagio c'era da tempo, ma lo scacciavo. Lo stesso senso di disagio del siciliano che varca lo Stretto è quello che ho visto nel tifoso rossazzurro durante gli anni di serie A: giocare a San Siro, nei due Olimpici, al Bentegodi dava un senso di vertigine, di inquietudine, di tormentato smarrimento.
I tanto decantati "campi polverosi" nei quali una città di 300.000 abitanti non avrebbe mai dovuto poggiare la punta della scarpetta sono tornati. Con un senso di liberazione, quasi di riappropriazione. Come se la nostra dimensione sia giocare con i grossi centri di provincia e non con i capoluoghi. E Catania resta comunque la più "evoluta" tra le città siciliane, per tornare al disagio delle prime righe, quello espresso da un vago "vengo dalla Sicilia".
Il bergamasco non ti parla di Lombardia, né il veronese del Veneto. Ci sta che l'abitante di Termoli ti parli del Molise o quello di Montesilvano dell'Abruzzo.
Il siciliano. C'è pure un film con questo titolo. E abbiamo accettato che siano  i film e le fiction a parlare di noi, attraverso attori romani che si sforzano di imitare il nostro accento e scimmiottare i nostri modi. Ma poi quale accento? Di dialetti siciliani ce ne sono decine.
Quando affermeremo con naturalezza di provenire da una città invece che dalla regione, magari tante altre piccole ma significative cose, cambieranno. Non esibendo più le nostre contraddizioni ma affrontandole.
A quel punto non ci basteranno più cronisti rassegnati e malinconici pensatori di piazza, appostati come corvacci a rammentare come vanto le sette dominazioni subite. Più una, che non si appresta a concludersi.
E magari, quel giorno, riusciremo a indossare l'abito della festa tutti i giorni.

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