Ci fa piacere sentire Depardieu affermare di sentirsi il cuore italiano. Ma i dati riferiti recentemente dalla Coldiretti sulle importazioni di concentrato di pomodoro dalla Cina è inquietante. Pare che siano 200 mila i kg che ogni giorno transitino nei nostri porti. E il concentrato di pomodoro non arriva solo, è in buona compagnia con aglio, frutta e legumi. Una vera e propria dipendenza dall’agricoltura made in China, allarmante per almeno due ragioni. Innanzitutto, perché nel confronto importazioni/esportazione il Paese del riso ci batte 3-1; secondariamente perché è risaputo che molti detenuti cinesi sono destinati ai lavori forzati presso imprese del comparto alimentare, il che significa un costo del lavoro inarrivabile per i nostri produttori. E così, la Cina a vent’anni dall’inizio della coltivazione del pomodoro destinato all’industria, ha registrato nel 2010 il record di 115 milioni di chili di concentrato di pomodoro piazzato nel Bel Paese. Dove poi viene lavorato, imbottigliato e etichettato della sola indicazione del confezionamento.
Avvenuta appunto in Italia. Se lo scontro iniquo con i coltivatori nostrani dovesse poi portare qualcuno a “far spallucce”magari in nome del libero mercato, pensiamo allora che la Cina non è esattamente attenta ai controlli: l’Unione Europea rileva che l’anno passato il 13% degli allarmi da contaminazione del cibo ha riguardato proprio il colosso asiatico.
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