Non è vero che ci unisce solo la Nazionale e il Festival di Sanremo. Pascoli inesistenti, aziende avviate con false fatturazioni, formazione mai tenuta. Questa è la varietà di campi in cui si è esprime la creatività truffaldina di molti italiani, da Nord a Sud. Perché, a volte, riusciamo a essere davvero una “nazione”, coesa e uniforme. Coltivatori trentini e formatori siciliani, imprenditori lombardi e colleghi calabresi, ognuno secondo la vocazione territoriale. Il risultato è che, nel Paese in cui i magistrati attuano la loro dittatura (!), e tutti si impomatano (Lui per primo), si consuma metà delle truffe all’ Ue di tutta la Comunità europea.
Mica male ! E nonostante le Fiamme Gialle attuino controlli capillari, solo una minima parte dei casi sospetti diventano denunce. Il danno non è solo economico, di per sè preoccupante, ma anche sociale. Infatti, a rimetterci spesso, oltre alle casse Ue, che sono anche nostre, sono i lavoratori assunti da imprenditori che dopo aver spillato fondi si dileguano, lasciando i dipendenti per strada e infrastrutture pressocchè inutili, con danno anche al territorio. Perché evidentemente, i fondi sono di tutti, le responsabilità di nessuno. Il problema di fondo è rappresentato dalla competenza dei truffatori: richieste di fondi ben congegnate, giri di denaro con paradisi fiscali, scaltrezza nel muoversi tra la burocrazia. Menti preparate, dunque, che però si limitano a pensare che il denaro sia il fine, non il principio per processi produttivi che portino altro e più denaro. Moderni e astuti, ma pur sempre banditi.
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