Chiamiamolo stage, tirocinio o praticantato sempre di un tunnel si tratta. Non ne possono fare a meno i futuri liberi professionisti ma, intanto, giusto perché il titolo di studio è solo un pezzo di carta, il periodo di formazione è diventato una sorta di leva. Obbligatoria e soffocante. Il “Corriere” ha pubblicato un’ indagine condotta dall’ Ires per conto della Filmcam Cgil in cui emerge che l’ 85% dei tirocinanti deve garantire un impegno quotidiano e quasi sempre l’ orario settimanale è di 38 ore. Lavoratori a tutti gli effetti ma non retribuiti sufficientemente, talvolta non retribuiti affatto. Bizzarro pensare a gente che si muove tra tribunali, uffici inps, cha gestisce pratiche e traffica con documenti personali senza godere delle necessarie tutele, addirittura in alcuni casi, senza neanche rimborsi spese. E con il pretesto di godere dell’ opportunità di formarsi presso un valido professionista, ormai si propongono i tirocini formativi nei settori più disparati, dall’ Amministrazione aziendale alle decorazioni floreali. Perché ”apprendista” sa di garzone mentre stage fa figo ! Il dato inquietante è che solo l’ 8 % del campione esaminato dichiara di poter fare a meno del sostegno economico della famiglia. E considerando che non parliamo di ragazzini, ma di trentenni (o giù di lì) si descrive un quadro mortificante e umiliante. Bisognerebbe chiedere alla “buon’ Anima” come possano apostrofarsi “bamboccioni”…
immagine: indirizzoinghilterra
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